Prendere i seguenti ingredienti: basi sottoterra, bimbi schiavi, adrenocromo, la Cabal che domina il mondo, vampiri, pedosatanisti, Trump che libera il mondo, i templari, le scie chimiche, Paul Is dead, la caccia alle streghe, I protocolli di Sion, i messaggi subliminali nei dischi, Internet, il 5G, la musica del Diavolo, abusi rituali, gli alieni. Adagiare in un grande pentolone, aggiungere acqua e lasciare cuocere lentamente a fuoco vivo.
Di tanto in tanto girare. Sale q.b.
Non è una ricetta di nouvelle cuisine, ma è tutto ciò che è servito per sfornare la più demenziale fantasia di complotto degli ultimi anni made in Usa, che si è diffusa anche in Europa e ora si è affacciata anche in Italia: QAnon.
Ricordate l’assalto a Capitol Hill capitanato da un uomo travestito da vichingo il giorno della sconfitta di Trump alle elezioni presidenziali americane ? Ecco, quello è frutto di QAnon, un movimento complottista che prende in prestito la crema delle fantasie cospirazioniste degli ultimi duecento anni (ebbene sì, le prime “teorie” del complotto nascono alla fine del Settecento) per costruirne una nuova, tanto assurda quanto tragicamente pericolosa. Solo per citare il caso più eclatante, il bilancio degli scontri di Capitol Hill è stato di cinque vittime, più altri cinque suicidi tra le forze dell’ordine che quel giorno prestavano servizio al Congresso.
Il gran lavoro di Wu Ming 1, alias Roberto Bui, nella scrittura di “La Q di Qomplotto“, di cui qui scriviamo la recensione, è stato nel riannodare i fili di un fenomeno risultato dalla stratificazione nel tempo di pregiudizi razzisti, narrazioni diversive, abusi emotivi, scherzi che fuggono al controllo, cacce alle streghe, in senso letterale e metaforico. Elementi che, intercettando qualcosa di più profondo, si rivelano utili perché distraggono dalle nuove forme di dominio e subalternità ed hanno il solo e unico effetto di deresponsabilizzare chi le governa.
Il saggio di Wu Ming 1 segna un punto fermo nella comprensione di QAnon e dei complottismi attraverso incursioni nei vari campi delle scienze umane che l’autore (allievo di Eco?) conosce bene e che al grande semiologo, autore de Il Pendolo di Foucault, tributa un sincero riconoscimento.