Recensione Il Patto, di Nicola Biondo e Sigfrido Ranucci

Copertina Il Patto, edito da Chiare Lettere

C’è un filo nero che attraversa la storia d’Italia dal dopoguerra ad oggi. Un filo intricato che va dalla strage del primo maggio 1947 a Portella della Ginestra, si snoda lungo la strategia della tensione degli anni Sessanta e Settanta, i tentativi di Golpe, le bombe neofasciste, attraversa gli anni Ottanta con le stragi di Bologna e dell’Italicus e trova il suo acme nei primi anni Novanta con le stragi del ’92-‘ 93 di Capaci, Via D’Amelio a Palermo, via Palestro a Milano, Via dei Georgofili a Firenze.

Dopodiché il silenzio.

È una storia da brividi che fa riflettere sulla reale configurazione di questo Paese, delle sue istituzioni democratiche, dei molteplici livelli su cui agisce da sempre la lotta politica.

Ne risulta una sconcertante commistione tra  politica, mafia, massoneria, servizi segreti, destra eversiva, mondo imprenditoriale. Ne emergono le connivenze, le opacità, le reticenze, l’appoggio agli strumenti più terribili in un Paese formalmente democratico.

“Il patto” racconta tutto questo prendendo spunto dalla storia di Luigi Ilardo, un mafioso che agli inizi degli anni Novanta aveva collaborato come infiltrato dei carabinieri indicando il nascondiglio di Bernardo Provenzano ma che restò inascoltato fino alla sua uccisione da parte della mafia.

Il libro racconta, inoltre, i protagonisti di quei terribili primi anni Novanta e dello scellerato patto che nello stesso periodo veniva siglato tra i Ros dei carabinieri e la mafia, le convergenze di interessi a più piani, istituzionali e non.

La vicenda di Luigi Ilardo, magistralmente raccontata in questo libro, è da leggere perché racchiude tutti i conti che non tornano in questo Paese e mostra quanto sia ancora il marcio nascosto sotto il tappeto della nostra storia recente.

Conoscevate questa storia? Vi leggo con piacere nei commenti!