Recensione Il breve mestiere di vivere, di Adriano Morosetti

Copertina del romanzo giallo Il breve mestiere di vivere, di Adriano Morosetti

Se volete leggere un giallo ben scritto e ambientato in una località a noi tutti familiare per il famoso festival che ospita, Sanremo, allora “Il breve mestiere di vivere”, scritto da Adriano Morosetti, pubblicato da Mursia, è una buona scelta.

1993. Sanremo. Sono i giorni del festival e del carrozzone che vi gira intorno. Dopo anni di assenza dalla sua città, Arturo Ferretti, giornalista, vi ritorna per intervistare uno degli artisti di punta della kermesse, compito ingrato per chi come lui anni addietro aveva abbracciato il giornalismo per ben più alti ideali, una scelta che aveva pagato a caro prezzo dopo avere pestato i piedi sbagliati.

Il protagonista incontra Nino, un vecchio compagno di lotte e dai principi incrollabili, che vorrebbe raccontargli qualcosa di grave ma non fa in tempo perché gli chiudono la bocca per sempre.

La narrazione si dipana in un continuo rimando di ricordi del protagonista, con i suoi conti in sospeso con la città da cui è stato costretto ad allontanarsi, i giorni frenetici del Festival, e quelli che seguono all’omicidio dell’amico.

L’immagine della città dei fiori, degli artisti con la corte di nani e ballerini, dei canti stonati al karaoke di “fiorellana”, se è permesso il brutto neologismo, memoria, nasconde un altro volto. Quello del malaffare, dell’abusivismo edilizio endemico, delle infiltrazioni mafiose e delle collusioni politiche. Il volto di ciò che si può e di quello che non si può dire. Una città a cui, nonostante tutto, o forse proprio per questo, Arturo Ferretti, è profondamente legato e nella quale, indagando sull’omicidio dell’ amico, chiude il cerchio con il proprio passato.