Recensione di Open. La mia storia, autobiografia di Andre Agassi

Open. La mia storia

Nel 2006, a poche settimane dal ritiro, il campione di tennis Andre Agassi contattò lo scrittore J. R. Moehringer per chiedergli un aiuto a scrivere la propria storia.

Dopo due anni, ore e ore di interviste, correzioni di tre stesure, ne venne fuori “Open“, un libro che ben presto è diventato un caso editoriale.

Andre Agassi è stato uno dei più grandi giocatori di tennis di tutti i tempi, famoso oltre che per il suo formidabile talento che lo porterà a vincere i più importanti tornei internazionali, anche per la sua immagine ribelle e anticonformista. Attitudine che gli procurerà non pochi problemi in uno sport dai tratti ingessati come il tennis.

In “Open” Agassi racconta la sua storia di atleta e di uomo lungo un percorso di sacrifici immani, in primis l’abbandono scolastico a soli sedici anni, profonde delusioni e grandi traguardi.

Un padre padrone che gli imporrà di giocare a tennis fin dalla tenera età, un preparatore atletico che diventerà il suo secondo padre, il profondo appoggio del fratello Phil, del suo amico fraterno Perry e poi l’amore della sua vita, la grande campionessa Steffi Graff, sono alcuni dei personaggi che costellano il racconto della vita del campione.

                                        

Agassi racconta il suo rapporto con il tennis, sport che tanto affermava di odiare quanto vi eccelleva, e descrive i tratti salienti dei tornei a cui ha partecipato nella sua carriera e nei quali ha trionfato o ha dovuto gettare la spugna.

Nel corso del libro emerge come oltre alla fondamentale preparazione atletica e tecnica, le altre componenti che caratterizzano un campione sono l’assoluta padronanza di tattica, strategia, psicologia, lo studio e la comprensione dell’altro.

E proprio questo fa del libro una lettura interessante al di là dell’aspetto prettamente sportivo.

Andre Agassi mostra la sua evoluzione di atleta e di uomo, la sua formazione e la trasformazione nel corso del tempo che lo ha visto, infine, aprire un’eccellente scuola per dare l’opportunità a ragazzi meno abbienti di ricevere un’istruzione e non doverla sacrificare come era successo a lui.