Ultimamente ho letto su Corriere.it un articolo sul valore terapeutico della scrittura.
Uno degli ambiti psicologici in cui è stata dimostrata la sua efficacia è soprattutto nei disturbi post traumatici da stress. In particolare, la descrizione dell’evento traumatico e dei relativi vissuti emotivi e/o i ricordi salienti, aiuterebbe la persona a promuovere i processi di resilienza.
Leggendo “Due vite“, di Emanuele Trevi, vincitore del Premio Strega 2021, mi è tornato in mente l’articolo di qualche giorno fa.
Due vite è un romanzo biografico incentrato sulle figure degli scrittori Rocco Carbone e Pia Pera, scomparsi alcuni anni fa, a cui Emanuele Trevi è stato legato da una profonda amicizia e stima.
Queste dolorose scomparse con cui l’autore fa i conti ancora oggi, hanno spinto Trevi a riannodare i fili del passato per attutirne il peso dell’assenza nel presente.
“Perché – scrive Trevi – noi viviamo due vite, entrambe destinate a finire: la prima è la vita fisica, fatta di sangue e respiro, la seconda è quella che si svolge nella mente di chi ci ha voluto bene.”
Il ricordo delle persone scomparse tende solitamente a magnificarne i pregi ed edulcorarne i difetti.
Nel suo romanzo Emanuele Trevi smentisce questa attitudine, firmando un’opera che per la limpidezza permette di intravedere le figure di Rocco Carbone e Pia Pera in tutte le loro complesse e affascinanti sfaccettature, conoscerne le opere, le passioni, le idiosincrasie, i demoni con cui hanno dovuto convivere.
La scomparsa di una persona cara implica inevitabilmente anche la scomparsa di una parte di sé.
L’opera di Trevi è una matura e dolcemente disillusa prova per riportare in vita le persone a lui care rendendo loro un sincero omaggio, e al contempo l’elaborazione di un lutto attraverso il balsamo salvifico della scrittura.
Lo avete letto? Vi leggo con piacere nei commenti!