Ci sono storie che restano confinate nelle pagine di un libro, e storie che sfociano nella realtà.
Storie che scaturiscono come torrenti e consentono con il loro sfavillante zampillio di scomporre la luce bianca nelle onde policrome di un arcobaleno, come fanno le gocce di rugiada dopo un acquazzone.
“Nessuno escluso”, primo romanzo della giornalista giudiziaria Sandra Rizza, appartiene a pieno titolo alla seconda tipologia di opere letterarie. Romanzi che scavano a fondo e, con la passione civile della penna che li animano, perlustrano più livelli della realtà attraverso il magico strumento della narrazione.
“Nessuno escluso” è un romanzo sulla borghesia mafiosa, quella che si muove nel sottobosco della contiguità con la mafia ordinaria.
Quella che con compiaciuta disponibilità fa da cerniera tra i poteri mafiosi e i poteri politici imprenditoriali, incontrandosi nel mondo di mezzo lontano dai riflettori. O direttamente alla luce del sole, fondando partiti e sedendo con ostentata spavalderia in Parlamento, protetti da garanzie di impunità. Ma questa non è più neanche fiction, è da decenni realtà.
Come sono realtà le reti di protezione trasversali di quelle consorterie di interessi privati camuffati da pubblici chiamati partiti attraverso i sistemi di cooptazione, le lusinghe, le minacce velate a chi intralcia i loro disegni.
Ne viene fuori un ritratto impietoso, specchio di un Paese scialbo, senza memoria storica, senza dignità istituzionale, che sprofonda nella ignavia più colpevole.
A cui si contrappongono i bastioni sotto assedio di chi non perde la tensione verso il cambiamento.