Le prime volte che ho sentito parlare di Beppe Fenoglio è stato anni fa quando, alla memoria dello scrittore piemontese, venne dedicato un concerto dal titolo “La terra, la guerra, una questione privata” da quell’ apparizione celeste nella musica italiana che prende il nome di Consorzio Suonatori Indipendenti.
Dopodiché Fenoglio è rimasto in un angolo della mia mente, un nome che di tanto in tanto riaffiorava ma nella cui opera fino ad oggi non mi ero ancora immerso.
La ragione di questa mia ritrosia era probabilmente dovuta a una forma di rispetto verso un evento storico a me caro, la Resistenza, e al timore che l’ambientazione di una storia durante la guerra di Liberazione potesse in qualche modo oscurare il suo significato. Timori infondati.
Se Beppe Fenoglio è oggi considerato lo scrittore simbolo della Resistenza, un romanzo come “Una questione privata” è uno dei motivi. Fenoglio è stato al tempo stesso un partigiano scrittore e uno scrittore partigiano, che ha tratto dalla guerra di Liberazione a cui ha partecipato la linfa vitale per la sua produzione letteraria.
Con “Una questione privata” l’autore si spinge oltre e tratta una delle esperienze cardine dell’esperienza umana, l’innamoramento, nella dimensione tragica del suo opposto, la guerra, mostrando i conflitti cui va incontro il protagonista della storia, Milton, che ha l’urgenza di dare una risposta alle sue impellenti domande, nonostante la drammaticità degli eventi che vive.
“Una questione privata” è quindi un affresco della guerra di liberazione ma è anche di più. È una storia d’amore, per certi aspetti incompleta, e profondamente umana. Una storia di finzione, ma realistica, che prende forma e si sviluppa nell’eterna dialettica tra la dimensione pubblica e quella privata dell’essere umano.