Secondo un’indagine Ipsos del 2019, in una scala di priorità delle sfide che doveva fronteggiare il Paese, l’immigrazione figurava al quarto posto, dopo disoccupazione (50%), situazione economica (38%) e tasse (34%).
L’indagine evidenziava anche il grandissimo scarto nell’opinione pubblica tra la percezione del numero di migranti sul territorio e i dati reali.
Gli intervistati reputavano, infatti, la percentuale di stranieri residenti in Italia pari al 31% della popolazione.
Il dato reale, invece, è del 9% (dati ISTAT) .
Qual è la ragione di una discrepanza così elevata tra la percezione del fenomeno migratorio e la realtà?
Secondo gli autori della ricerca, il motivo andrebbe ricercato nella sua sovra-rappresentazione mediatica.
Sono decenni che in Italia assistiamo a una meschina operazione di propaganda politica camuffata da informazione ad opera delle televisioni populiste, casse di risonanza della becera destra nostrana. Sono anni che gli extracomunitari, i neri, gli zingari, i diversi, sono trasformati nei nemici ideali su cui riversare i peggiori istinti e addossare le cause delle proprie miserie. Assolvendo se stessi e quella classe politica che soffia sul fuoco dell’intolleranza per i propri calcoli elettorali con grandi, quanto spaventosi, risultati.
“Caccia al nero“, edito da Chiarelettere, ci porta nel cuore del populismo mediatico svelando le regole del gioco dell’informazione a tesi, dove mistificazioni, mezze verità, allusioni, servizi artefatti e notizie tendenziose concorrono verso l’unico obiettivo di addomesticare e indottrinare il pubblico elettore.
Un inganno in cui non si salva nessuno, né gli addetti ai lavori che non mettono in discussione la propria dignità professionale, né i politici di fazioni avverse, uniti dai comuni privilegi.
Con un’unica grande sconfitta: la tenuta democratica del Paese.