Nella settimana del giorno della memoria non si può non citare una delle testimonianze più importanti sulla persecuzione degli ebrei: Il diario di Anna Frank.
Dopo due anni di clandestinità in un alloggio segreto ricavato negli uffici dell’Opekta, la famiglia Frank venne scoperta nel 1944 dalla Gestapo e deportata nei campi di concentramento nazisti.
Il diario è arrivato a noi grazie a una delle persone che aveva aiutato la famiglia Frank durante la clandestinità, Miep Gies, la quale, rinvenuti i manoscritti di Anna subito dopo il suo arresto, li custodì in attesa della desiderata liberazione.
Dalla deportazione si salverà solo il padre, Otto, mentre Anna perderà la vita nel campo di concentramento di Berger Belsen a soli 14 anni.
Fu proprio il padre di Anna che nel 1947 diede alle stampe il Diario, esaudendo il desiderio della figlia di continuare a vivere attraverso l’immortalità della scrittura.
Ho visitato la casa di Anna Frank ad Amsterdam qualche anno fa. Come tutti quei posti di cui si è letto o sentito parlare fa veramente effetto vederli di persona. Soprattutto se conservano la memoria di qualcosa di tanto assurdo quanto indicibile.
Eppure è accaduto. E proprio per questo motivo è necessario tenere viva la memoria affinché non venga oscurata da chi ha interesse a farla cadere nell’oblio.