Nel tempo buio del nostro presente, quello di un partito nella sostanza fascista al governo, che proprio dell’ignominia fascista è politicamente erede e continuatore, ci sono per fortuna intellettuali coraggiosi come il giornalista Paolo Berizzi a dissipare le ombre e mostrare la realtà nella sua interezza.
Paolo Berizzi lo sta facendo da tempo, pagando il suo impegno civile col vivere sotto scorta dal 2019 a causa delle gravi minacce dei leoni da tastiera consapevoli di un clima politico a loro favorevole.
“Il ritorno della Bestia”, ultimo saggio inchiesta del giornalista di Repubblica, approfondisce con dovizia storica la parabola che è avvenuta in Italia negli ultimi anni, da quando un partitino di nostalgici che non si riconoscevano nella presa di distanza dal fascismo effettuata da Gianfranco Fini a Fiuggi nel 1995, all’epoca presidente di Alleanza Nazionale, è cresciuto fino ad arrivare a diventare la maggiore forza politica della destra italiana e guidarne la coalizione.
Un partito di destra estrema, reazionario, familista, antimodernista, ancorato al ‘900, che ha nel suo pantheon i peggiori ideologi dell’Italia mussoliniana e programmaticamente ambiguo riguardo l’eredità che perpetua perché ha, tra gli altri obiettivi, la riscrittura del passato e del giudizio storico sul fascismo.
“Il ritorno della Bestia” è un libro di grande valore, non è solo un saggio, ma è anche un monito per la salvaguardia di una democrazia sempre meno solida.